Sanremo e Santa Chiara, una e trina


Vorrei scrivere anch’io una lettera alla bambina che ero per dirle: «Smetti di guardare Sanremo finché sei in tempo perché arriverà il giorno in cui Anna Oxa si classificherà ultima». Mentre tutta l’Italia s’indignerà per un ragazzetto che prende a calci i fiori dell’Ariston credendosi Brian Molko. Nella saga della retorica accade anche questo mentre siamo preda di questa enorme allucinazione di massa in cui tutto si può, perché tutto è già stato fatto (eccetto spedire l’incarnazione stessa del festivàl in fondo a tutti perché il quarto potere urla vendetta).

Nel festival dell’inclusione e degli spiegoni in cui si entra lanciando un messaggio e accaparrandosi un disagio disponibile, si emargina poi chi un disagio ce l’ha reale: sentirsi comoda in questo calderone di selfie, meme, like, lezioncine, paternali. Una volta si ribatteva a chi era troppo superiore per stare sul divano assieme a noi che Sanremo non è musica, è televisione. Adesso è ufficialmente Instagram.

La protettrice delle influencer è beata non solo perché caritatevole (ha il merito di aver devoluto il proprio compenso alle donne vittime di violenza) ma soprattutto per il dono dell’ubiquità: si palesa contemporaneamente nelle stories e nel teleschermo. E chi guarda non sa più se è spettatore o follower. Chi dissente, invece, è immediatamente hater e ditemi se questo non è un miracolo?
Chiara Ferragni da Cremona che si manifesterà nuovamente nell’ultimo atto della parabola, che per comodità chiameremo direttamente morale, ha però un’ultima prova da affrontare prima della canonizzazione: il martirio. Dopo aver creato il profilo autonomo di Amadeus, altro che ira di Zeus, dovrà vedersela con Giovanna.