Sanremo cover. Tra imitazioni e tarocchi trionfa Donatella

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di Carla Monteforte

La terza puntata di Sanremo l’ha vinta Donatella Versace, the original, che dalla pagina ufficiale della maison ha invitato la sua imitatrice (Virginia Raffaele) a farle da controfigura, non prima, però, di essersi circondata da uno stuolo bonazzi e fatta una piega da urlo. Ma Donatella è Donatella, non c’è Raffaele che tenga, la quale, tra le altre cose, può solo ringraziare la vera della confidenza ricevuta e di essere ancora viva e vegeta invece che incaprettata in un container tra Gioia Tauro e Miami beach.

La serata delle cover, comunque, ha sempre il suo perché: il festival può smettere di fingere di non essere un talent e noi di sforzarci a memorizzare le canzoni e dedicarci al sano abbrutimento. In tema di revival, Conti ha ben pensato di proporre i Pooh, freschi freschi (si fa per dire) di reunion con Riccardo Fogli, tornato all’ovile per il mezzo secolo della band (e del fondotinta opaco) e per far sperare noi inguaribili romantiche in una reunion nelle stive dell’Ariston pure con Patty Pravo. Un bacio, una carezza, un morso alle lenzuola con la ex per poi spingersi oltre per perdersi un po’ nel backstage o, tutt’al più, per ritrovarsi in uno speciale di Paolo Limiti, grande assente della kermesse.

Se si parla di gara a trionfare è stata Napoli, gettonatissima tra i big che la partita se la sono giocata a suon di hit partenopee e tazzulille e cafè. Il premio cover ufficiale, tuttavia, è andato agli Stadio che con garbo alieno hanno omaggiato Dalla mentre i Bluvertigo, con Modugno, si preparavano all’after. E se Clementino si è difeso sfidando il pubblico radical (che il festival lo guarda, ma di nascosto) con De André, Rocco Hunt con Carosone ha «shpaccato l’Ariston».

Per l’Mc salernitano si prevede, oltre che un posto sul podio, un futuro di suonerie, remix e insulti underground. Mentre noi dovremmo accontentarci di cruising nei mercatini con i mariuoli che vendono calzini, al grido di “Wake up guagliù”.