8 marzo. Il mondo è femmina

imageHo sempre amato la festa della donna. La amo sin da quando al liceo, il Classico – in cui i maschi erano praticamente una specie protetta – entravamo in classe scrutando il banco in cerca di un ramoscello di mimosa rinsecchito rubato da un compagno gentile da chissà quale albero.

 

 

Da ragazzine ci bastava così: uscire da scuola col nostro minuscolo trofeo per poi correre a rendere onore alla nostra emancipazione sfondandoci di ravioli al vapore al cinese di via Alimena, col Sì parcheggiato di fronte piazza Kennedy (il simbolo più alto del nostro riscatto sociale).

 
La mia vita è sempre stata un assurdo gineceo: le sorelle, due nonne matriarche, le compagne di classe con le Highlanders al ketchup nella Naj Oleari, la maestra leopardata con Multifilter e rossetto fucsia, la prof di latino e greco severa che recitava Saffo con le Capri sulla cattedra, le compagne di via Cremona 59, l’amica di Mucca, le colleghe, las chicas Almodovar, le Kardashian, le amiche di mamma, mamma. Sempre e solo donne.
Gli uomini ci sono e ci sono stati, ma il mio mondo è femmina.

 
Oggi, dopo 20 anni, mentre le mie donne sono tutte lontane ed il mondo si tormenta su come ribattezzare questo giorno per non urtare la sensibilità di intellettuali e femministe, a me manca più che mai quella smania di prenotare una cena a menù fisso in mezzo ad altre disperate uscite dalle gabbie in cerca di uno stallone di paese unto e in perizoma che ci faccia perdere il senso della vergogna innanzi ad un misto di affettati.

 

L’emancipazione è innanzitutto libertà. Ed io, oggi come sempre, rivendico la mia di toccare il fondo.

PS

Dedicato a tutte le mie amiche. In particolare a quelle della III H