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Scritti dal passato

Colpo di scena all’Ariston: il festival del dolore elimina i “casi umani” (quarta puntata)

 

 


Ormai ad un passo dall’estrema unzione, il festival Conti-De Filippi si è a sorpresa levato il respiratore (lasciando invero senza fiato gli altri) con più di un asso tirato fuori dalla manica: una valletta, un giallo ed il colpo di scena finale.

Quando le speranze sembravano perdute la tanto invocata taglia 40 con spacco inguinale si è materializzata sulle scale dell’Ariston nella figura di Marica Pellegrinelli, che entrerà nei credits di questa edizione come valletta a tempo determinato e “moglie di”. Il top per le comari più scrupolose in cerca di difetti nella perfezione. La signora Ramazzotti bis ha letteralmente accecato il pubblico con la sua beltà e soprattutto con due smeraldi da gran sera a Dubai grandi quanto le Eolie. Finalmente il lusso svergognato, l’ospite di cui più si avvertiva l’assenza, ed i cambi d’abito hanno preso parte alle kermesse in cui la lycra aveva fatto da padrone. Bella, alta, magra e stonata la modella bergamasca avrebbe dovuto essere presenza fissa della maratona in cui, si sa, l’inutile è fondamentale.

Delude invece Virginia Raffaele che nei panni di Sandra Milo sembra giusto vestita a Carnevale. Di solito irresistibile, la trasformista, della musa felliniana stavolta coglie solo la superficie ma mai l’essenza: bravissimi i make-up artist, mediocri gli autori. Peccato. Fortuna che, ai saluti finali, si riprenda con una perfida allusione al sospensorio di Maria. Cattiveria pura, e per pochi, che fa schizzare il punteggio della comica. E i maligni dalle poltrone.

Maria tanto, si sa, è superiore a queste cose, controlla gli ascolti, i suoi cavalli e per il resto vive in quella condizione che nella mitologia greca era detta “atarassia”: la non curanza, «quello stato di perfetta tranquillità e serenità d’animo, raggiunto dal saggio una volta libero dalle passioni». Lo stesso pare non si possa dire del collega. Ed ecco il giallo: si rumoreggia di una lite tra i due presentatori che avrebbe avuto origine dal fatto che il battitore Rai mal sopporti che la signora Mediaset gli rubi da scena. (E senza sforzo alcuno) Perché se è vero che Conti è spigliato nella conduzione, Maria, dal canto suo, è una divinità. Non ha bisogno di saper leggere, parlare, vestirsi, coniugare verbi correttamente: i suoi credenti la amano per fede.

E a tal proposito se la medaglia di Lele era scontata – essendo il vincitore di Sanremo Giovani della scuderia Amici (concorrente dell’ultima edizione, nonché fidanzatino di Elodie) – chi avrebbe invece mai pensato – ed ecco il colpo di scena – che l’Italia della tv del dolore avrebbe preso a calci nel didietro quel poveretto di Gigi D’Alessio (poveretto in senso letterario essendo questi in pieno crack finanziario) e soprattutto Al Bano, reduce da non uno ma due infarti?!

Qualcosa è cambiato nel Paese dalla lacrima pronta (lo sa bene la Atzei, si spera in preciclo, che grazie ad una crisi ha scampato l’eliminazione) e dei casi umani. Il Paese che ha braccia grandi da accogliere in una sola scaletta: Rai, Mediaset, amori perduti, le Foibe, consigli per gli acquisti e pure la jihad. E registrare comunque record di ascolti!

Perché se è vero che Allah è grande, è anche vero che finora non se l’era vista con Maria.

Piccole followers crescono (il Garantista, 21-06-2014)

Vorrei provare quel senso d’eccitazione da sabato che prova un’adolescente disadattata nel vagliare gli accessori più tamarri che ha per appostare uno stinginato che le piace e che a stento le dirà “Ciao”. 

Quanta gente insignificante abbiamo inseguito in vita nostra! A metterli insieme avremmo potuto allestirci il pubblico di Forum. Siamo andate dietro a così tante bestie che l’unica consolazione alla vergogna nel ripensarci è che fortunatamente non siamo state ricambiate (e che nessuno se li ricorda più). Pensa se ci avessero voluto! Pensa se uno solo di quei tontoloni a cui abbiamo riservato inseguimenti di massa su Corso Mazzini ci avesse degnate di uno sguardo! Chissà in che condizioni saremmo ora? Forse avremmo due o tre pargoli alle elementari, una cucina in muratura e una bifamiliare sulle T di Paola. Forse ieri saremmo andate a farci fare i boccoli col ferro per andare a vedere i saggi di danza delle nostre prosecutrici, panzute e scoordinate, per noi prossime etoile alla Scala. Forse oggi staremmo a fare polemica sui social vivisezionando la pagella dei nostri Einstein imprecando contro le ingiustizie della scuola, il costo della politica e piove Governo ladro. O forse saremmo in qualche trasmissione del pomeriggio protagoniste dell’ultimo massacro familiare regalando ai nostri vicini i famosi cinque minuti di celebrità – “Era bizzarra ma gentile”, “C’era qualcosa che non andava, si truccava troppo” – e al nostro Fb un’impennata di commenti (“Ci vuole la sterilizzazione”, “Lapidatela!”). Bisognerebbe sempre ricordarsi di impostare al massimo la privacy del proprio profilo prima di andare a trucidare qualcuno, altrimenti, poi, mentre siamo in gabbia, si riempie di giustizieri da tastiera e quando una decina d’anni dopo usciamo per buona condotta lo troviamo infestato di improperi.

Condizionale a parte, il nostro presente è il risultato degli innumerevoli – nonché inspiegabili – rifiuti subiti. La nostra libertà, la somma dei rigetti ricevuti. Il nostro charme, il prodotto dei dinieghi accumulati. Ha tutto più senso visto da questa prospettiva. Che non da quella di un cranio osservato da dietro che ondeggia spavaldo fingendo di non accorgersi di noi appresso. Come se non accorgersi di noi fosse possibile! Cari crani in ascolto, che adesso vi ritrovate in casa una faina agguerrita che strepita per la parete attrezzata, questa è la punizione divina per non esservi girati a guardarci. E la dimostrazione per noi che tutto faceva parte di un disegno più grande. In poche parole: mica credevate di piacerci davvero? Non s’insegue perché ti piace qualcuno: s’insegue perché ti piace inseguire.